Newsletter Maggio 2016

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Maggio

2016

  

Notizie, Indagini e Ricerche

La strada: prima causa di morte per i lavoratori Secondo i dati dell’O.M.S. (Organizzazione Mondiale della Sanità) 1,25 milioni di persone muoiono ogni anno nel mondo a causa degli incidenti stradali, principale causa di morte fra i giovani tra i 15 e i 29 anni.   

La strada rappresenta un grave pericolo in particolare per i lavoratori, sia per gli autotrasportatori, i conducenti di autobus, i taxisti, i commessi viaggiatori, gli addetti alla manutenzione stradale o gli altri lavoratori che si spostano con mezzi di trasporto e che lavorano quindi per strada, sia per i lavoratori che viaggiano in auto per andare o tornare dal lavoro.

In Italia nel 2014 sono stati denunciati all’INAIL circa 92.000 infortuni stradali (tra infortuni in occasione di lavoro e in itinere) su un totale di circa 663.000 infortuni, con una percentuale pari circa al 14%. Molto più elevata la quota di infortuni stradali mortali che risultano essere stati, sempre nel 2014, pari al 53,4% del totale. In pratica oltre la metà dei morti sul lavoro si verifica per strada.

La distribuzione degli incidenti stradali nell’arco della giornata evidenzia come la componente lavorativa abbia un peso non indifferente nella incidentalità stradale. Difatti, un primo picco sia di incidenti che di morti si riscontra tra le 8 e le 9 del mattino, fascia oraria nella quale normalmente si effettuano gli spostamenti casa-lavoro, ed un secondo picco si osserva tra le 12 e le 13, orari di rientro per alcuni lavoratori. La punta massima in assoluto di incidentalità, però, si registra tra le ore 17 e le ore 18, al termine del turno di lavoro, quando, oltre all’aumento della circolazione stradale, si presentano altri fattori quali l’accumulo di dispendio di energie e di stress da lavoro e la difficoltà di percezione visiva per il venir meno della luce naturale non ancora pienamente sostituita da quella artificiale, il tutto a volte aggravato dalle condizioni meteorologiche.

Nelle ore notturne poi, data la più ridotta mobilità, il numero di incidenti diminuisce nettamente, ma cresce in misura enorme il tasso di mortalità.

 

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Prevenzione delle malattie cardiovascolari nei lavoratori: procedura operativa.

Nei paesi occidentali le malattie cardiovascolari sono tra le patologie che colpiscono più frequentemente, a causa di uno stile di vita troppo sedentario, di un’alimentazione spesso scorretta (non solo nella quantità ma anche nella qualità), del sovrappeso, del fumo di sigaretta e della presenza di condizioni personali come diabete mellito, ipertensione arteriosa ed ipercolesterolemia (specialmente il colesterolo “cattivo” LDL, che va distinto da quello “buono” HDL che è protettivo). 

 

Ecco perché diventa fondamentale contrastare l’epidemia di malattie cardiovascolari, tra cui rientrano tutte le patologie a carico del cuore e dei vasi sanguigni, che possono assumere varie forme come infarto miocardico, coronaropatie, scompenso cardiaco, ictus cerebrale.

 

È bene intervenire prima che una malattia cardiovascolare si sia già sviluppata, agendo sui fattori predisponenti che vengono chiamati “fattori di rischio cardiovascolare”.

 

È ormai risaputo che la prevenzione è la migliore strategia per ridurre l’incidenza delle principali malattie del nostro tempo. Il check-up di base è inteso come valutazione dello stato clinico dell’individuo, con l’ausilio di parametri di laboratorio e diagnostica strumentale, in funzione anche delle abitudini di vita e delle eventuali terapie già in atto.

 

La prevenzione comprende:

 

  • esami di laboratorio di base: emocromo con formula e piastrine, creatinina, uricemia, profilo lipidico completo (Colesterolo Totale, HDL, LDL, trigliceridi), GOT, GPT, gamma GT, glicemia, VES, PCR, sideremia, urine;

  • visita di base con controllo della pressione arteriosa e delle abitudini personali del soggetto;

  • prima valutazione generale con orientamenti terapeutici da effettuare per la prevenzione;

  • formazione specifica in particolare sulle criticità rilevate;

  • comunicazione per il medico curante.

 

 

 

 

 

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Il Colesterolo: cosa bisogna sapere. 

Il colesterolo è presente in tutti i tessuti degli organismi animali e in maggior quantità nel cervello, nella bile e nel sangue.La sintesi del colesterolo si svolge soprattutto a livello del fegato, anche se vi partecipano numerosi altri organi. Il colesterolo viene invece eliminato con la bile, trasformato in acidi biliari e poi in sali biliari. Ci sono importanti informazioni che è utile sapere.

Il colesterolo è utile  e fondamentale per il nostro organismo:

  • Interviene nella formazione e nella riparazione delle membrane cellulari

  • È il precursore della vitamina D, degli ormoni steroidei e degli ormoni sessuali (come androgeni, testosterone, estrogeni e progesterone)

  • È contenuto nell’emoglobina

  • È il precursore dei sali biliari.

Esistono due tipo di colesterolo:

  • lipoproteine a bassa densità (LDL) che veicolano tra il 60% e l’80% del colesterolo serico. Presentando molta affinità con le cellule dell’endotelio delle arterie, liberano il colesterolo sulla parete dei vasi;

  • le lipoproteine ad alta densità (HDL) svolgono la funzione opposta, rimuovendo il colesterolo dalle arterie e riportandolo al fegato.

Perché il colesterolo non deve salire troppo?

  • Le LDL distribuiscono il colesterolo alle cellule e questa funzione è positiva. 

  • Purtroppo durante questa funzione, parte del colesterolo LDL si deposita sulle pareti interne delle arterie formando le placche. 

  • Le lipoproteine HDL rimuovono l’eccesso di colesterolo dalla parete delle arterie e lo riportano al fegato. Quindi è evidente che colesterolo LDL e HDL sono indipendenti, l’HDL non “distrugge” l’LDL ma riporta il colesterolo al fegato. Avere il colesterolo HDL alto consente di diminuire l’effetto negativo dell’LDL nella formazione delle placche. È necessario considerare il rapporto Colesterolo totale/HDL. 

Il fattore di rischio:

Un valore di colesterolo totale nel sangue (colesterolemia) superiore alla norma non è di per sé preoccupante, soprattutto se non esistono altri fattori di rischio cardiovascolare, come fumo, ipertensione, sovrappeso e sedentarietà.

Oggi, per una valutazione migliore della situazione, si considera l’indice di rischio cardiovascolare, cioè il rapporto fra colesterolo totale e colesterolo buono HDL. Tale indice per un soggetto sano deve essere inferiore a 5 per l’uomo e a 4,5 per la donna (ad esempio un soggetto con colesterolo totale a 250 e colesterolo buono a 85 ha un indice di rischio a 2,94 ed è in una condizione decisamente migliore di chi ha il colesterolo totale a 200 e quello buono a 40, dove l’indice di rischio vale 5).

 

Il colesterolo assunto con l’alimentazione non supera il 20%. Un errore comune è credere che tutto il colesterolo provenga dai cibi. In realtà al massimosolo il 20% del colesterolo proviene dall’alimentazione, mentre l’80% è di origine endogena (cioè creato dall’organismo). La produzione è circa di 1-2 g al giorno, mentre l’organismo ne assume con la dieta 200-500 mg.

 

I cibi contenenti colesterolo. Ecco un semplice elenco di cibi contenenti colesterolo (le quantità sono in mg per 100 g di alimento edibile):

  • organi di animali

  • tuorlo d’uovo (1350, un uovo intero contiene 400 mg di colesterolo per 100 g)

  • burro (250 mg/ 100 g)

  • frutti di mare (aragosta, gamberi, ostriche, cozze 150 mg/100 g)

  • salumi grassi (100 mg/100 g)

  • formaggi grassi (pecorino, grana, parmigiano ecc. 100 mg/ 100 g)

  • carne e pesce magri (petto di pollo, tonno, pesce spada ecc. 70 mg/ 100 g)

Non assumere tutta una serie di cibi per limitare il colesterolo alimentare è del tutto inutile se il soggetto rispetta il vincolo di una dieta ipocalorica. Se nonostante uno stile di vita corretto e un’attività fisica costante l’indice di rischio resta alto, anziché assumere statine, si può provare un’ulteriore leggera riduzione dell’LDL con i fitosteroli con dosaggio appropriato (circa 2 g al giorno).

 

Come si controlla il colesterolo endogeno prodotto dall’organismo? 

Agendo sul meccanismo di produzione. L’alimentazione può controllare anche la produzione di colesterolo endogeno, ricordando prima che:

  • i precursori del colesterolo sono i glicidi;

  • la sintesi del colesterolo nel fegato è controllata dall’enzima HMG-CoA-reduttasi che a sua volta viene attivato dall’insulina.

 

Vediamo alcune soluzioni:

  • si usano sostanze naturali in grado di inibire l’HMG-CoA-reduttasi, come il tè verde. Questa soluzione è fra le più ottimistiche, perché nessuna sostanza naturale è così potente da essere un farmaco ipocolesterolemizzante. Un’alternativa è l’eliminazione di sostanze (tra le quali il caffè) che aumentano i livelli di colesterolo;

  • le regole della dieta italiana risolvono praticamente il problema, cioè portano l’indice di rischio sotto i valori di attenzione. Bisognerebbe quindi seguire un’alimentazione ipocalorica (che esclude “matematicamente” gli alimenti grassi, almeno in quantità);

  • limitare i cibi contenenti la dizione generica “grasso” o “olio vegetale”;
  • eliminare i cibi contenenti grassi idrogenati e le margarine;
  • Riducendo la quota di carboidrati (che sono i precursori del colesterolo) si migliora la situazione.

 

Come aumentare il colesterolo buono:

L’attività fisica aerobica aumenta la frazione di colesterolo buono (Attenzione: non riduce quello cattivo e quindi nemmeno quello totale, che anzi aumenta poiché aumenta quello buono, ma riduce il fattore di rischio cardiovascolare). Perché l’attività fisica produca gli effetti desiderati occorre che sia aerobica (corsa, ciclismo, sci di fondo) e sia a media intensità (l’allenamento a bassa intensità è praticamente inutile). Per dare un’idea il colesterolo HDL non si muove significativamente per attività dell’ordine delle due ore settimanali. Per ogni ora in più si può stimare un aumento medio del colesterolo HDL di 10 mg/dl.

Da rilevare che il fumo abbassa i livelli di colesterolo HDL.

 

I farmaci:

Dovrebbero essere utilizzati solo nel caso di fallimento dei punti precedenti: fitosteroli con dosaggio corretto (2 g al giorno). L’inibizione della sintesi avviene farmacologicamente grazie a farmaci come le statine, i prodotti attualmente più usati.



 

 

 

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